15giorniDAspiaggia... il 12° giorno sabato 21lug12
(ideazione, progettazione, realizzazione, foto, testi, montaggio, regia di Barbara Bartoli©)
15giorniDAspiaggia... il 12° giorno sabato 21lug12
(ideazione, progettazione, realizzazione, foto, testi, montaggio, regia di Barbara Bartoli©)
Un altro sistema per andare in vacanza restando in città è quello di portarvi con me nei luoghi che sanno di INDIA.. lei che per me è stata - e continua ad essere, e sarà sempre - milioni di intuizioni, di invenzioni e di aspirazioni in ogni giorno, nel quotidiano come nel ricordo, nel vissuto come nell’immaginato, intuito ancora prima di scoprirla... questa INDIA che soprattutto è ovunque, una volta che l’hai davvero incontrata...
Quindi ho deciso di portarvi in 4 città indiane, 3 del sud ed una del nord... e adesso si va lontanuccio, a Chennai, venite con me...
... così scrivevo sul mio taccuino il 27 gennaio 2004... Ho visto (appunti sul mio taccuino del 27 gennaio 2004, ore 9.35pm, scritti sulla corriera da Chennai per Pondicherry, di ritorno da Hampi) un uomo friggere in un fast-food di Chennai, e quindi sudare come un personaggio dantesco: e subito ho pensato alla sua disperata situazione, in questo smog senza fine, nel caldo umido asfissiante. Così ho cercato, con tutta l’intensità del mio cuore, di lanciargli uno sguardo fatto di forza e di coraggio, e proprio allora ho visto, nei suoi occhi, il fuoco di una tigre, felice del proprio destino, perché certo mentre lui fa questa vita ha ben chiaro come raggiungere il porto del suo ideale; ed allora ho capito quanto invece siamo banalmente disperati noi, quando galleggiamo in un vissuto fatto di schemi astratti, di pregiudizi, di slogan stereotipati, e ci mettiamo lì, entomologi noiosi e saccenti, ad osservare il diverso, senza saper valorizzare ed apprezzare il nostro presente, troppo spesso intenti solo a consumare il tempo delle nostre arroganze.
Chennai (mie riflessioni del31 marzo 2011, ore 0.53am) è la città con cui tocco per la prima volta la terra indiana, quasi quattro anni prima di questi ragionamenti, ed ormai undici anni fa... è la città alla quale faccio riferimento nel 2004, anche se erroneamente utilizzando ancora la denominazione coloniale, nella dedica di apertura di quel diario (il riferimento è al volume Barbara Bartoli, INDIA: la città mondiale di Auroville – il racconto, Alinea Editore, Firenze, novembre 2004, volume pagine184), quando scrivevo: ... ho sempre respinto l’Oriente come qualcosa di spiacevolmente stucchevole e languidamente melenso: mi sono innamorata dell’India appena l’ho incontrata, quel 3 febbraio del 2000, subito all’uscita dell’aeroporto di Madras. E so che sarà per sempre.
Chennai è dove trascorro la mia prima notte in India, ed è quella in cui la mia gioia di tornare in questa terra si ritrova con la tristezza di doverla poi lasciare di nuovo. Chennai è la capitale del Tamil Nadu in cui prendo per la prima volta un treno indiano, diretta al nord, in quel viaggio incredibile in cui impari che passare due giorni in una carrozza di terza classe può essere più determinante di un anno di frenetica attività... perché qui guardi, entri dentro te stesso, ti liberi della prigionia delle consuetudini che sei stato abituato a considerare la tua vita, e quando scendi per arrivare, comprendi i milioni di chilometri che intanto la tua coscienza ha compiuto stando seduta dentro quella gabbia di ferro che ti ha regalato la vera libertà.
Chennai è quella che racconto con queste immagini, le prime fra le tantissime altre che ho raccolto in questi anni di India, e che trascrivo nelle parole di quel mio articolo (articolo a firma di Barbara BARTOLI, Un viaggio in giro per l’India, fra paesaggi ed emozioni, pubblicato su INARCOS n. 620, Labanti & Nanni, Bologna, giugno 2001, pagg.337,…,353) di ormai tanto tempo fa, in cui non pensavo di riuscire a sopportare il treno, che mi annoia anche nelle sue più sofisticate versioni occidentali, né speravo di trascorrere quelle che alla fine sono state 37 ore di viaggio scomodissimo; e invece, non fosse stato per le cinquanta zuccate contro il ventilatore, che finivano per segnare il trascorrere del tempo, praticamente ho vissuto tutta questa enormità di tempo senza alcuno stress. E ancora scrivevo... quest’India che ti stupisce così straordinariamente come la sua sporcizia - sempre così abbondante - ma nello stesso tempo così avvolgente per la sensazione che arreca al tutto di te. Quest’India con queste palme appoggiate sul terreno come giocattoli segnaposto, quest’India che con i suoi occhi, sempre così profondi e dolci, riesce a trasmettere, in una lingua che non conosce nazioni e tempo, il messaggio del cuore. Non so cosa succederà di me in questo avvolgente gioco della mente e del sentimento che mi fa ritrovare, caleidoscopio interminabile della vita, colori, emozioni di un periodo di me ormai dimenticato ed invece semplicemente nascosto dalla timidezza della mia adolescenza. Certo qualcosa di meravigliosamente grande, così come gli sguardi di questo vagone di terza classe, poveri di quello che non serve e infinitamente ricchi di entusiasmo e voglia di credere, che mi guardano con l’ammirazione di chi vuole imparare ogni cosa e sa così arrivare al cuore dei momenti. Vorrei che non ci fosse lettera per loro sconosciuta, in questo blocco viola che guardano assetati di interpretare: ma sarebbe inutile, perché già io sono qui con loro, piedi già neri di quella sporcizia chenessun medico potrebbe concepire e invece, guarda un po’, proprio con un medico, che ha ben quattro specialità, sto viaggiando. Quest’India che riesce ad accoglierti anche nel suo vincere il tempo e trasformare un impossibile ritardo in un’occasione per prendere al volo proprio questo treno, leggendo su un tabellone con scritte in chissà quale lingua derivata dal sanscrito (si trattava probabilmente del tamìl, se non dell’hindi), in quel secondo l’unica cosa interpretabile per me, l’orario e quel 5, certamente il binario (appunti sul mio taccuino del 13 gennaio 2001, ore 5.45pm, in treno da Chennai verso Delhi). Ed ancora, sempre su quello stesso treno, il giorno seguente: Negli occhi orgogliosi di quella dignità che rende regine senza bisogno di corona e di sudditi, ho accarezzato l’India. Un oceano di sapori, un deserto che sa diventare universo con quei suoi verdi interminabilmente disposti da un sapiente pittore a rendere eterno ogni respiro di questo paesaggio indescrivibile. Quest’India che sa insegnartianche la forza dell’amore, in questo suo conquistarmi ad ogni istante rendendo irrefrenabile la mia voglia di immergermi nelle sue luci e lasciarmi cullare, incurante di tutti i suoi difetti che si trasformano in difficoltà che supero con l‘entusiasmo di un amante che finalmente ha trovato la sua chimera (appunti sul mio taccuino del 14 gennaio 2001, ore 11.00am, in treno da Chennai verso Delhi). Un paesaggio che diventa la colonna sonora per il racconto del mio cuore. Una domenica di romboidali aquiloni a sfidare il tempo di un’emozione. E ancora, poco più tardi: E’ un circolo chiuso: se penso a me, allora voglio fare del bene per essere felice, ma succede sempre che finisco per sbagliare; allora ritorno nuovamente in me, ma senza sapere con chi condividere questa infinita capacità di amare, sempre per la storia della necessità di condividere. Ancora una volta a costruire cattedrali nel deserto, che però comincia sempre con il dire che non vuole rimanere tale.
petaloRUBRICA 51
martedì 24 luglio 2012
COPYRIGHT by barbara bartoli
PROGETTAZIONE 24 luglio 2012
AGGIORNAMENTO 4 del 7 settembre 2012
(documenti protetti da copyright, elaborazioni di Barbara Bartoli, luglio/agosto 2012)
donato da CITTAinVIAGGIO® ad UNIVERSALMENTEweb®
(pagg. 80, 81 da Barbara Bartoli DIECIanniINDIA: dalla CITTÀsogno alla CITTÀcapitale Edizioni Moderna-Ra, Ravenna, aprile 2011, volume pagine 144, pubblicato nella collana CITTÀinVIAGGIO®, ISBN 978-88-89900-32-1)
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